Mentre parla con occhi persi nei ricordi, inzuppa i bucaneve nel tè che prepara ogni mattina come la nonna faceva con lei da bambina, sorride e racconta con occhi sgranati la sua avventura.
New York è sempre stato il mio sogno. Sono partita nel 2013 come ragazza alla pari. Il primo scontro con le difficoltà l’ho avuto nel periodo di training che l’agenzia ci ha fatto fare: il mio inglese era prettamente scolastico e di gran lunga inferiore al livello di tutte le persone che ho incrociato in quei giorni frenetici. Nessuno riusciva a capirmi e non sapevo come fare se non comunicare a gesti. Come mi sono sentita ignorante!
La famiglia che mi ha accolta è stata meravigliosa: padre di origini italiane, madre danese con due angioletti a mio carico, Sofia 2 anni ed Elisa 9 anni. Entrambi i genitori erano molto impegnati per lavoro e io ho dovuto seguire le piccole nei loro riti quotidiani, dalla colazione, alla scuola, alle attività pomeridiane e alla nanna della sera.
Sono rimasta con loro due anni. Il permesso per le au-pair non è estendibile, per cui nell’ultimo periodo ho frequentato una scuola da estetista che mi ha permesso di entrare nello studio nel quale lavoro oggi. Le colleghe sono molto accoglienti. Le persone che frequentano il centro sono persone di un ceto sociale alto e molto particolari: ci sono celebrities che puntualmente si servono della nostra SPA che ha aperto anche una sede a Los Angeles.
Quello che amo di più di questa città sono le persone con la loro libertà di poter convivere, mescolate senza pregiudizi o razzismo ed il dinamismo e la velocità con cui cambiano le cose, una contrapposizione molto evidente con Rosano.
A Rosano tutto ha un nome: i tortelli e le pizzette della Lucia, il salame di Massimo, il formaggio di Aldo sono una garanzia. Sai chi li produce, conosci la storia, la filiera, hai la sensazione di “casa”. Spesso mi faccio spedire pacchi alimentari con questi prodotti. Mamma quando viene a trovarmi porta una valigia carica di Bucaneve (qui, solo nell’ultimo anno ho scovato un piccolo store in cui vengono venduti a 6 dollari al pacco), formaggio, salame, pizzette e tortelli. Ho bisogno di nutrirmi del territorio e sentirmi un po’ a casa.
Mi manca aprire la finestra di casa e vedere la Pietra, il verde dei prati; qui ho soltanto un palazzo di mattoni quando apro i vetri. Mi manca il vivere al ritmo lento delle nostre zone in cui nulla o poco cambia. manca la nonna che cura le galline, mi manca l’anatra che gira per il cortile e che poi finisce sulla nostra tavola. Mi manca mamma, anche se ci sentiamo ogni giorno e segue da casa tutte le mie avventure e peripezie. Non credo però che tornerò facilmente.
Quando rientro il primo bisogno è quello di ritrovare i sapori (le tigelle gnammm) e riempirmi gli occhi delle persone che più amo. Una volta soddisfatto questo bisogno, sento l’immobilità che mi soffoca, è un sentimento contrastante: da un lato ne sento la mancanza e a New York mi capita di cercarla, e dall’altro ne sono spaventata e la rifuggo…