Carpineti/Ligonchio – Brisbane
Un sogno, un obiettivo, un desiderio espresso durante il volo di ritorno del viaggio di nozze, nel lontano 2002. Australia, l’outback, le persone, il clima, i colori hanno rapito il cuore di Marzia del Fabbro e Matteo Baldelli. Una meta scelta per caso, ma che subito ha regalato profondi legami territoriali e con persone. Ad essere emigrata 13 anni e 3 figlie dopo, è una intera famiglia: marito, moglie, figlie e nonna Giacomina.
Matteo, altissimo, dinoccolato, acrobata tappezziere. Marzia, solare, artista, mamma e cuoca. Giacomina, nonna tutto fare che a 68 anni ha ripreso a studiare. Tutti sorridenti, dal salotto di casa regalano un’intervista a tre.
Matteo
La decisione di rendere concreto il nostro sogno è stata presa nel 2010. Una sera a cena la più piccola delle nostre figlie non ci ha semplicemente chiesto come fosse andata quel giorno, ma se durante la giornata avessimo subito qualche furto, cosa accaduta diverse volte in quel periodo. Ci siamo guardati ed entrambi abbiamo capito di dovere cambiare qualcosa nella nostra vita.
Fare il tappezziere è nel mio dna, anzi posso dire di essere nato tappezziere da una famiglia di tappezzieri. In Australia è una delle professionalità tra le più richieste e grazie a meravigliose coincidenze sono riuscito ad ottenere uno “sponsor”, una ditta australiana disposta ad assumermi dandomi la possibilità di ottenere un visto temporaneo. I primi sei mesi lavoravo e studiavo inglese in una classe serale. Dopo tanto sacrificio ho finalmente passato il livello di esame richiesto per l’applicazione del visto. Rientrato in Italia, dopo qualche mese è arrivata la conferma per il trasferimento. E’stata gioia pura. Oggi ho un incarico di responsabilità. La manualità, la precisione, l’arte che mi è stata trasmessa dalla famiglia, qui è cosa rara. L’essere artigiano della precisione, impostare un lavoro ben fatto e che duri per molto tempo non è cosa che in Australia puoi trovare facilmente. Qui tutto cambia velocemente. Le case, gli oggetti non sono costruiti con la concezione del “per sempre”. Tutto è in continuo divenire.
Giacomina
Penso spesso alla mia gente, ai luoghi di una vita intera, allo scambio di saluti e mi ritrovo a fare la conta delle persone che sono mancate… Partire non è stato facile, ma alla fine ho deciso, perché “d’altronde si muore anche laggiù”.
Oggi frequento un percorso di studi di lingua inglese organizzato dal governo. Qui la vita è diversa, c’è più apertura. Ci sono importanti momenti di ritrovo con vicini, in cui scambiare cibi, storie e usanze. È più semplice vivere, c’è più leggerezza e molto rispetto per tutto e tutti.
Marzia
All’inizio sono rimasta a casa con le figlie. Sono stati mesi molto duri. La lontananza di Matteo rendeva tutto molto difficile, ma la fiducia non mancava. L’obiettivo comune, l’idea di una nuova avventura insieme era il carburante che ogni giorno alimentava le nostre giornate. Il primo passo è stato quello di trovare la scuola per le bimbe e una casa da invadere una volta a Brisbane. Il container è stato bloccato per diversi giorni al porto senza che potessimo scaricarlo ed eravamo letteralmente accampati: dormivamo su materassi gonfiabili da campeggio e i vicini, che durante le presentazioni di rito si sono accorti della casa completamente vuota, ci hanno soccorso con sedie pieghevoli e tavolini da picnic.
Oggi abbiamo una casa nostra, grande, con piscina di fronte al parco che costeggia il fiume. Una buona tranquillità lavorativa rafforzata dalla residenza permanente. Le bambine escono la mattina con zainetto in spalla insieme a nonna Giacomina che a 68 anni è tornata ad essere una studentessa.
Certo pensiamo a casa. A Matteo manca in particolare la famiglia. Non tanto i luoghi, quanto le persone anche se il contatto con i genitori, i fratelli, oggi è più facile grazie alla tecnologia.
Per me il “ricordo” è quello di un punto preciso, sopra Ligonchio, che ha accolto le ceneri di mio padre, ospitato la sua anima. Quando penso a casa, penso a Ligonchio e alle sue montagne, al gruppo di bambini con cui sono cresciuta, quasi tutti figli di dipendenti Enel, una piccola grande comunità. Ci consideriamo molto fortunati perché emigrare è un po’ come vivere due volte, una volta partiti si custodiscono nel cuore i ricordi, ci si concede di cambiare e andare avanti, sempre. Un gioco del destino ci ha fatti partire il 31 dicembre e arrivare con il nuovo anno, come si dice anno nuovo vita nuova.
A pensarci forse nella nostra storia ci sono tante contraddizioni ma in fondo la nostra stessa esistenza ne è piena!