Curatore indipendente di arte per oltre 20 anni, da Parma ha lavorato con l’Europa. Ad un certo punto della vita, della carriera lavorativa arriva un momento in cui gli si presenta un bivio da cui ripartire per o crescere o decidere di cambiar rotta insieme al suo cane, un segugio di 15 anni che ha adottato dopo che è stato scartato da cacciatori.
Si, sono stati anni in cui l’amore per l’arte e la passione per l’espressione artistica si sono intrecciati nella mia vita, dalla mia cittadina mi ritrovavo a scrivere per rinomate riviste internazionali e a dovermi occupare di importanti eventi, in Germania soprattutto.
Ho deciso di portare tutto il mio bagaglio verso la montagna. Ancora non mi spiego quale sia stato l’istinto a spingermi verso luoghi e dinamiche a me completamente sconosciute, forse il desiderio di creare un ambiente incontaminato in cui gli artisti potessero dare un libero sfogo alla loro creatività senza essere minimamente condizionati dalla critica. Tutto nasce nella Casa Cantoniera dell’Andrella in cui io e la mia compagna dell’epoca ci siamo trasferiti.
Abbiamo iniziato studiando il territorio, la natura, la storia, conosciuto persone e richiamato gli artisti a questo nostro luogo e contestualmente con la nascita dell’azienda agricola Valico Terminus abbiamo tentato i primi passi nella produzione di ortaggi e in apicoltura. Sono passati diversi anni, soltanto ora riesco a dare una connotazione alla mia realtà agricola ed è indirizzata alla senape, alla raccolta di erbe spontanee, bacche, drupe e tutto ciò che il territorio ci offre e che posso trasformare.
Ci tengo a specificare che Valico ha il significato di transizione (fisica, da un posto all’altro) e Terminus, un concetto preso in prestito da Isaac Asimov, è un centro di cultura ai confini della nostra galassia fatta di boschi e di faggete da cui poter influenzare con la bellezza dell’arte le aree circostanti che a loro volta influenzano quelle contigue.
Tutto è in continuo movimento, io per primo. Sono un nomade, che vede tutto transitorio e in evoluzione: imparo cose, le applico e continuo ad evolvere. Tutti passaggi che sono necessari per il percorso personale. Non sono mai stato particolarmente legato ad un luogo, ad un territorio ma trovo una energia particolare ed un legame molto forte nelle faggete soprattutto quelle d’autunno, un luogo e un tempo che mi danno molta pace, in cui colgo paralleli con la società attuale, così intricati alla base, sofferenti basi torte e doppie, radici che si toccano e si intrecciano. Sono alberi che spingono in alto, una verticalità che da vertigini ma che sono fortemente radicati alla terra, torti dal vento ma che inesorabilmente tendono all’alto, alla luce e che una volta adulti prendono nutrimento anche dalla corteccia, assorbono tutto quello che di buono c’è intorno.
A mio avviso l’evoluzione umana e della mente, del cervello e del corpo non sono andati di pari passo. Il corpo si è evoluto più della mente, e la mente non riesce a gestirne le potenzialità e fino a che non si raggiungerà un equilibrio resteremo nei nostri patimenti. Dovremmo tutti evolverci come faggete.
Questo è quello che leggo, quello che vedo. In alto la tendenza, in basso le tribolazioni della vita. Una vita in cui se ci ascoltassimo di più e seguissimo i ritmi della natura resteremmo tutti collegati, connessi e umani. Vedo persone scollegate da sé stesse, in realtà tutto potrebbe essere molto più semplice.
Sono certo che se ognuno di noi, anche se con diversi input, desse un contributo potremmo assistere a soluzioni inaspettate, la natura umana istintivamente ci aiuta e risolve problemi in modi che noi non avremmo mai immaginato e se riuscissimo ad ascoltare probabilmente riusciremmo a comprendere e a viver meglio.
Nel mio piccolo cerco di costruire una rete di persone che vedono la natura non come qualcosa da sfruttare ma che è parte del nostro mondo, è casa.
Nello stesso tempo tendo a isolarmi perché siam pur sempre umani, con i nostri pregi e difetti, slanci verso l’alto e tribolazioni che spingono in giù.
Tra 10 anni mi vedo al mare, su di un’isola ad inseguire erbe spontanee da trasformare.