Grazie alla scelta lavorativa della madre che da Genova si è trasferita dopo aver vinto un concorso, Veronica è nata in montagna. Da sempre vive in Appennino e non per scelta, per linearità.
Seguire il mio percorso di studi a Parma è stata solo una parentesi di un temporaneo allontanamento. La mia enorme fortuna è di non aver mai preso in considerazione una alternativa che non fosse il nostro Appennino, una certezza che qualsiasi fosse stato la mia strada non avrebbe scalfito: il mio sentire è sempre stato qui. La mia forza è quella, la testa non mi ha mai proposto un bivio, non ho mai avuto incertezze o inceppi di altro genere. Mio marito mi ha accompagnata fin da ragazza in questa crescita e anche per lui la vita è in montagna, senza alcun dubbio. Questa è una costante, non una scelta, mai sgretolata che ti porta ad avere una tranquillità interiore in cui il tuo conscio e inconscio sono allineati e a vivere con la certezza di avere una casa, un posto in cui stare.
Ho aperto il mio studio di veterinaria nel 2006, ed è diventato la mia seconda casa tanto da decidere di acquistarne le mura. Nel 2014 è nata la mia prima bimba, nel 2017 è nata la mia seconda. Soltanto nel 2020 dopo una esperienza di vita molto forte abbiamo deciso di sposarci con una cerimonia intima.
Decidere di comprare un pezzo di terra fuori dal paese ai piedi del Campestrino e costruire il nostro nido con un giardino dove poter tenere tutti gli animali che ho fa di me una privilegiata, e quando al mattino mi sveglio, solitamente molto presto, e guardo fuori dalla finestra della cucina il monte Cusna e il Prampa, così come quando svalico la Sparavalle verso Castelnovo ne’ Monti e vedo la Pietra di Bismantova, mi sento a CASA. A volte mi soffermo a guardare i turisti che, fermi nella curva panoramica, fotografano il paesaggio e cerco di immaginare e guardare con gli occhi degli altri ciò che per me fa parte della quotidianità, e questo mi da un senso di serenità completa.
Chi vive in montagna e ci ha vissuto dalle origini, io credo non possa fare diversamente. Quando descrivi le difficoltà che oggettivamente ci sono come quelle che incontri in inverno con la neve, o l’essere sempre in macchina per fare qualsiasi attività, diventa un racconto pesante che allo stesso tempo non è, perché il sentire dipende dalla prospettiva, da che punto poni l’accento sul valore che ha per te il vivere in questi spazi. Ho la fortuna, il privilegio di avere una famiglia intorno che la pensa e vede la vita nel mio stesso modo e che mi sostiene nella gestione dei bimbi. Non ho mai vissuto niente altro, ma nel confronto trovo sempre molti motivi per avvalorare quello che sto facendo e che stiamo vivendo, nel senso che la forza delle radici ha sempre avuto quella preponderanza che annulla tutto il resto, una cosa che mi appartiene ed è così che sento che debba essere.
Non vorrei essere fraintesa, io amo andare in città e mi piace far assaggiare alle bimbe le prospettive che una metropoli ti può dare ma la vivo in un modo temporaneo, ne vengo contaminata e riporto questo bagaglio a casa. Le mie bambine, soprattutto, riescono ad essere in un modo assolutamente naturale, un ponte che collega le esperienze e le emozioni vissute in città ai compagni di scuola e viceversa, riescono a toccare corde molto profonde ad ospiti che ci raggiungono organizzando ad esempio giornate al lago Calamone o alla Bargetana. Mi piacerebbe che fossero i bambini, con la loro naturalezza a portare il nostro ecomondo, il nostro meraviglioso delirio fatto di sacrifici e fatiche che in realtà non lo sono, verso la pianura, la città.
Essere centrati, essere in equilibrio è ciò che mi auguro possa mantenersi il più possibile a lungo.